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Rocca Montis Dragonis: la battaglia di Sant’Ambrogio

 

 

(di Marco Gallo) Il 7 dicembre del 1192 sulla Rocca Montis Dragonis accadde qualcosa che avrebbe distrutto per sempre la sua fama di “imprendibilità”. Erano tempi duri: violenza, miseria, carestia e soprattutto le ingenti tasse da versare ai sovrani di turno diventarono difficili da debellare. I contadini a valle del monte Petrino – più abbienti solo perché proprietari terrieri – a stento riuscivano a tirare avanti. I “miserabili” invece – spesso con prole al seguito – iniziavano la scalata del Monte Petrino e si prostravano davanti al grande portone d’accesso della Rocca chiedendo asilo al castellano. Qualche sciagurato otteneva il permesso per entrare, altri trovarono la morte; altri ancora venivano scacciati e perivano poco dopo.

 

 

 

In questo clima d’incertezza, il conte di Rocca d’Arce (attuale provincia di Frosinone), Diopoldo Alemanno, di origini tedesche, colse l’occasione per avanzare verso la Rocca e provare a conquistarla una volta per tutte. A quel tempo, il castellano incaricato di amministrarla e difenderla si chiamava Anneo di Rivomatricio: servo fedele del re Tancredi di Sicilia, a sua volta acerrimo nemico di Diopoldo e del suo finanziatore bellico, Enrico VI Hohenstaufen. La battaglia fu lunga, perirono migliaia di uomini, donne e bambini. Alla fine del primo scontro Diopoldo perse molti uomini e non riuscì nel suo intento di conquista. La Rocca Montis Dragonis difese dignitosamente la sua imprendibilità, respingendo tutti gli assalti ordinati dal tedesco.

 

 

 

Tuttavia, dopo circa due mesi di assedio il nemico dovette momentaneamente ritirarsi. Per Diopoldo, quella non era affatto una sconfitta. Architettò uno stratagemma studiato nei minimi particolari: finse una ritirata e fece suonare la resa incondizionata. I difensori della Rocca Montis Dragonis, osservando dall’alto la repentina ritirata del nemico, credettero di aver finalmente scacciato l’invasore. La sera stessa, infatti, il castellano diede mandato di organizzare una grande festa in cui le luci del gioioso banchetto illuminarono il monte Petrino e i cieli sovrastanti.

Nel frattempo Diopoldo, radunati gli uomini nei pressi del fiume Garigliano, preparò una nuova offensiva in un giorno estremamente propizio. Era venuto a conoscenza che il 7 dicembre sulla Rocca si sarebbe conclusa la lunga processione dei fedeli in onore di S. Ambrogio. Dunque, per mimetizzarsi nella folla del corteo diretta proprio in cima al Petrino, Diopoldo e i suoi uomini si travestirono da frati. Un gruppo di finte donne devote fu posto dinanzi a loro per evitare di destare sospetti. Quando si trovarono nei pressi del grande portone, il castellano Anneo di Riovomatricio, credendo fossero penitenti, li accolse a braccia aperte e li invitò a entrare.

 

 

 

La Rocca Montis Dragonis venne assediata. Il castellano si arrese e consegnò senza obiettare l’imprendibile castello normanno. È una storia che per certi versi ricorda la presa di Troia da parte dei greci: la stessa astuzia avuta da Ulisse fu preziosa consigliera anche per Diopoldo Alemanno. Alcuni storici l’hanno chiamata “Battaglia di Sant’Ambrogio” proprio perché combattuta nel giorno in cui il Santo avrebbe dovuto essere festeggiato e adorato.

 

 

 

 

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